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Storia di un Pompino


di Bsx_930
20.05.2015    |    17.593    |    4 9.5
"“Ti sono infinitamente debitore, non fumo da ieri sera, sono uscito per comprarle ora e ho dimenticato il portafogli su, ma avevo bisogno di nicotina”..."
25 febbraio.
“Un pacchetto di Lucky Strike rosse da 20 grazie”. Dissi guardando il commesso della tabaccheria. Non era molto in voglia di far chissà che. Eppure aveva si e no la mia età. Si girò lento guardò gli scaffali dietro di lui, prese il pacchetto, lo batté alla cassa e poi me lo diede.
“Sono 4 e 40”. Anche il modo di parlare era lento.
Uscito dalla tabaccheria mi diressi verso l'università. Presi una sigaretta, ma prima di riuscir a mettere via il pacchetto un ragazzo mi fermò.
“Scusa non è che posso rubartene una?”. Chiese.
Sembrava un bel ragazzo, occhi chiari, un po' di barba, su per giù uno e ottanta se non di più, sorriso da morici dietro, cazzo, anche più di una!
“Certo”. Dissi porgendogli il pacchetto.
“Ti sono infinitamente debitore, non fumo da ieri sera, sono uscito per comprarle ora e ho dimenticato il portafogli su, ma avevo bisogno di nicotina”.
Risi in modo educato alle sue disgrazie, se così si vogliono chiamare.
“Quindi abiti qui vicino?”. Chiesi mettendo via il pacchetto nella tracolla.
“La”. Disse indicando un palazzo dall'altra parte della piazza.
“Ah vicino all'uni”. Dissi.
“Presa apposta per l'uni, anche se ci vado solo per dare gli esami, lavoro troppo”. Disse aggiungendo una risatina in fondo.
“Io stavo andando a lezione”. Dissi.
“Ah che indirizzo?”.
“Letteratura”. Dissi tirando dalla sigaretta.
“Io comunicazione”. Disse.
Era belloccio, studiava e lavorava, be' un occasione così non si può far scappare.
“Eh insomma sono in debito?”. Gettai l'amo camminando accanto a lui.
“Già. Qualunque cosa tu mi chiederai io la farò”.
Apposto erano queste le parole che volevo.
“Ma tutto tutto?”. Continuai.
“Tutto”. A quanto pare anche io non gli dispiacevo.
“Sicuro? Potrei chiedere cose strane..”. Dissi.
“Qualunque cosa e io la esaudirò”. Disse avvicinandosi e sorridendo.
“In casa da te c'è qualcuno?”. Chiesi.
“Si, ma ho una fottuta camera mia se vuoi”.
“A te cosa andrebbe?”. Continuai.
“Be' sono io in debito con te, devi dirmi te cosa ti andrebbe di fare”.
La piazza non era eccessivamente piena, erano le 10 e mezza e molti erano già a lavoro o a lezione.
Gli presi una mano e la poggiai sul pacco.
Non si tirò indietro, anzi cominciò a massaggiarmelo, li in piena piazza, fortuna i giubbotti paravano un po' la situazione.
Cominciavo a sentirlo duro, crescere nelle mutande e sentivo la sua mano bella forte stringerlo dalla base delle palle e salire fino alla cappella.
“Si per lui avrei qualcosa su in camera se ti va”. Disse.
“Fai pure strada”.
Attraversammo la piazza velocemente e salimmo al terzo piano del palazzo.
Entrai e subito mi portò in camera sua.
Cominciai a spogliarmi e la sua bocca si avventò sul mio collo mentre le sue mani cercavano in tutti i modi di sbottonarmi i pantaloni.
Lo allontanai e lo presi per mento.
“Togliti i pantaloni anche te”. Dissi.
Se li levò alla velocità della luce, e con loro anche le mutande.
Io feci uguale e mi buttai sul letto.
Ero rimasto con la maglietta, mentre lui aveva anche il cappello.
Si inginocchiò davanti a me mi aprì le gambe. Mi alzò leggermente il culo e cominciò a leccarmi il buco, poi salendo prese le palle in bocca, per poi passare a bagnarmi l'asta ed infine ad assaporare la mia cappella già con qualche goccia di presborra.
Prima di prenderlo mi guardò in faccia sorrise e poi in un istante lo prese tutto portandoselo fino in gola. Sentivo la cappella scivolare nella gola e poco dopo sbattere contro i suoi denti per poi finire nuovamente nella sua gola. Era un dio.
Mentre me lo succhiava cominciò ad allargarsi il buco con i diti per poi infilarsene due dentro.
“Se vuoi ci mettiamo altro”. Dissi guardando quel culetto che si abbassava ogni volta che lo prendeva fino in gola.
Si staccò dal cazzo e molta della sua saliva cadde sulla mia asta per scendere lenta fino ai peli.
“Quello un'altra volta, la prima volta preferisco solo una pompa per conoscerci”. Disse per poi prenderlo nuovamente tutto in gola.
“Hai un dildo o un vibratore da metterti? Così posso bloccarti le mani come piace a me”.
Si staccò nuovamente e si alzò andando verso l'armadio. Tornò con una scatola di scarpe che poggiò accanto a me e si ributtò per terra a succhiarmi il cazzo.
Aprì la scatola e trovai il mondo di Alice.
Dildi di ogni dimensione, anelli vibranti, preservativi, manette e persino una palla da mettere in bocca per il sadomaso.
“Ti piace sporco vedo”. Dissi tirandogli uno schiaffo.
“Si mi piace, fallo ancora”. Disse staccandosi.
Così gli tirai un altro schiaffo.
“Picchiami, fammi male, tirami calci, pugni, strizzami le palle”. Continuò.
E lo accontentai, mentre me lo succhiava, con i piedi gli tiravo piccoli calcetti alle palle, e lui gemeva ogni volta.
Quando avrei voluto scoparmelo.
Presi un dildo, uno di quelli più grossi, ci sputai sopra, lo lubrificai e poi glielo diedi in faccia.
“Mettilo”. Dissi.
Lui mi guardò con occhi entusiasti.
Se lo infilò quasi tutto in culo e solo qualche gemito di dolore uscì dalla sua bocca.
Riprese a succhiarmelo, sapevo che sarei venuto di li a poco, con la sua lingua che lavorava la cappella, le sue labbra che facevano andare su e giù la mia pelle, non avrei resistito a lungo.
Infatti dopo cinque minuti mi liberai dalla presa della sua bocca e gli scoppiai in faccia colpendolo su un occhio e alcuni schizzi finirono sulla maglia.
Lui non si diede per vinto, prese il cazzo e continuò a succhiarmelo.
Dopo pochi istanti sentì nuovamente la voglia di venire e successe. Dopo si e no due minuti sborrai un'altra volta nella sua bocca gemendo come una troia.
Lui mi guardava soddisfatto ed ingoiò ogni cosa.
Si staccò si mise a sedere davanti a me e cominciò a muovere il dildo nel culo tirandosi una sega con la mano libera.
Poco dopo venne anche lui schizzando tutta la maglietta.
Si buttò all'indietro col fiatone.
“Domani mattina sei libero?” chiese scoppiando a ridere.
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